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Si vabbè: “Quando l’insinuazione per me è indignazione”

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Come sapete, “Si vabbè”, è la rubrica che ogni tanto risorge dall’ angolo più buoi del mio blog per dar s1jf9vqfogo alla mia ira funesta. Si, perchè se solitamente sono una persona molto pacifica, quando mi sale il sangue al cervello perdo il controllo di me stessa. Il tutto è partito da un reportage mandato in onda, domenica 18 ottobre 2015, nella puntata di “Report” dove, tra le altre cose, si è parlato di celiachia. Il giornalista, tra un’intervista e l’altra, un commento inopportuno e uno sensato è riuscito a scatenare l’inferno portando sgomento e indignazione tra noi celiaci e contemporaneamente un senso di colpa che non meritiamo. In pochi minuti i gruppi presenti sui social hanno iniziato a dibattere sull’argomento fino a chiedere di fare e dire qualcosa. L’ AIC (Associazione Italiana Celiaci), si è mobilitata il giorno dopo attraverso una comunicazione che potete leggere qui. Io da libera cittadini che, per legge, gode della libertà di parola ho pensato di scrivere quello che è il mio pensiero in merito alla vicenda.

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Chi segue questo spazio sa che sono celiaca e che, nel mio piccolo, cerco sempre di aiutare chi è come me condividendo qualche ricetta ben riuscita o trucchetto. Sono una persona obiettiva, so perfettamente che al mondo, malauguratamente, esistono malattie ben peggiori. Conosco le gravi iniquità del sistema sanitario nazionale, le sue mancanze e le sue assurdità. Inoltre, non mi piace pensare che esistano persone che non riescano a curarsi a causa dei tagli effettuati in questa direzione. Quindi, alla luce di tutte le mie premesse, uso questo spazio per dire al giornalista che si è occupato del Dec. Legge Veronesi del 2001 che, naturalmente a mio modestissimo avviso, ha perso l’occasione per effettuare un bel reportage, interessante, istruttivo e magari capace di smuovere le acque nella giusta direzione. Perchè, se le sue interviste avevano come obiettivo quello di non essere concordi con un decreto che, in un qual senso e molto probabilmente, ha creato un business esorbitante anche e soprattutto a discapito degli stessi celiaci. Non si può di certo far pesare questa cosa a chi soffre di morbo celiaco affermando, anche se velatamente, che dovremmo usare i buoni solo per acquistare riso e non biscotti o peggio farci sentire in colpa nei confronti degli altri malati e delle altre patologie. Considerando che non sono stati intervistati celiaci mi pare giusto avere la possibilità di controbattere anche se forse questo post non lo leggerà nessuno o se non interessa alla maggior parte della popolazione. Per prima cosa vorrei precisare che non ho mai chiesto un morbo come regalo di Natale e suppongo non l’abbiano fatto nemmeno gli altri. Quindi, usare una malattia per effettuare delle insinuazioni poco chiare lo trovo meschino. Va bene affermare che i prezzi sono assurdi, lo penso anch’io. Va benissimo parlare delle disparità tra Italia ed estero e altrettanto bene concentrarci sulla qualità del prodotto, ma non va assolutamente bene affermare, quasi con disgusto, che spendiamo i soldi per un budino, una arancino o altro. Noi celiaci, come tutti, paghiamo le tasse e se pesiamo sullo stato, prima di giudicare noi ed i nostri acquisti pensate a chi le tasse non le paga, a tutti i privilegiati, a chi ha il beneficio di ottenere ben altro. Se mangiando un biscotto in meno salvo un malato di tumore, non serve nemmeno chiederlo, io lo faccio e ce875a11fb8de791ec14e1edc52e69b69redo anche tutti gli altri. Però non si può far intuire che esistano altri malati che, per colpa nostra, non hanno diritto a curarsi. Se altre patologie non godono di una minima assistenza sanitaria non può essere per colpa del decreto o del celiaco. Non si può pensare di togliere i soldi a dei malati per agevolarne altri o viceversa. E non si più assolutamente fare una guerra tra patologie più o meno gravi, sarebbe un po’ come effettuare una guerra tra poveri. Tutti i malati, indipendentemente dalla gravità della malattia, se necessitano di un supporto economico, devo averlo a discapito di tagli che non possono essere effettuati sulla sanità perchè la salute è un diritto. La volete sapere la nostra verità? Credetemi, noi celiaci vivremmo in un mondo felice se potessimo fare la spesa come voi “glutinosi”. Andare al supermercato e trovare tutto ad un prezzo, non dico uguale al vostro, ma almeno giusto. Se potessimo acquistare liberamente quello che più ci piace ovunque, senza limitazioni o vincoli. Ah, come ameremmo mangiarci, proprio come voi, il cornetto al bar la mattina o la pizza a pranzo se fuori casa. Purtroppo, però, non siamo noi a fissare i prezzi degli alimenti e non siamo noi a volere questo. Quello che un celiaco vuole o quello che un genitore di un celiaco desidera è solo non sentirsi diverso e poter condurre una vita normale. Vedere i propri figli addentare un biscotto assieme agli amici, senza farli sentire differenti. Partecipare ad una cena tra colleghi e non essere esclusi perchè nel ristorante prescelto non si effettua cucina gluten free. Perchè il cibo lega la gente, il cibo è condivisione e non serve solo a nutrirci per crescere, essere forti e affrontare il lavoro, la vita.

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“La dichiarazione sui diritti umani negli art.li 1 e 2 afferma che dobbiamo essere tutti uguali e con pari dignità e che non devono esistere discriminazioni di nessun genere. Bene!! La discriminazione è un concetto ampio, essa non include solo la religione, l’orientamento sessuale, la politica, il colore, la razza e tutte le cose che si tirano fuori dal cilindro quando conviene. Nel calderone della discriminazione ci sono anche gli obesi denigrati, gli anoressici che si sentono diversi, le persone che indossano gli occhiali e uno che non può mangiare perchè ha un morbo e in più deve pagare oro ciò che mangia e per concludere deve anche evitare di mangiarsi un cioccolatino perchè, secondo i ben pensati, non è giusto. Troppo facile affermare che il riso e altri cereali non hanno glutine, meno facile e mangiare solo di riso, mais e patate, senza più peccati di gola e senza nemmeno sentire il profumo di qualcosa che vorremmo? Chi scopre di essere celiaco da grande spesso sogna il profumo del pane, quello buono, quello che mangiava da bambino e passa mesi ad assaggiare tutti i tipi di pane senza glutine, spendendo tantissimi soldi ( 6 fette di pane spesso costano 5.59 euro) per ritrovare quel profumo di casa che non avrà più il piacere di assaporare. Al massimo, se fortunato, potrà arrivare a qualcosa di simile e questo non è bello. Questo va bene per chi è a dieta e lo decide da se, non per chi è costretto ad una dieta forzata per tutta la sua esistenza. Non è facile vivere in un mondo che non è fatto anche per te e questo accade a tante persone che hanno diverse patologie. Io anche se non vivo su una sedia a rotelle, farei di tutto per non far sentire diverso chi purtroppo deve starci su di una sedia e se posso la combatto con loro la guerra contro le barriere architettoniche non gli punto il dito contro, perchè non voglio nemmeno lontanamente immaginare quanto sia difficile vivere con la sua di limitazione, ben peggiore dalla mia. Per questo ho rispetto per tutte le persone e soprattutto per tutte le malattie indifferentemente dalla loro gravità e se posso mi batto per i diritti degli altri e non contro i diritti degli altri. Non direi mai ad un invalido percorri la strada più lunga se vuoi passeggiare da questa parte della città perchè lo stato non può spendere soldi per facilitare il tuo ingresso qui. Io gli direi: facciamo qualcosa perchè come me hai il sacrosanto diritto di passare di qui senza fare il giro del mondo.”

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I soldi che lo stato ci passa, che tra l’altro è un buono che si può spendere solo in determinati esercizi  e non ovunque, spesso non basta. Essere celiaci è costoso e non tutti possono permettersi di curarsi, la nostra cura è il cibo, del cibo che costa tantissimo e che, in molti casi, non  ha nemmeno il sapore che abbiamo perduto. Il cioccolatino mostrato nel reportage, una piccola pralina che costa 0.99 centesimi (ben 100,00 euro al kg) per noi è una conquista, una piccola felicità. Per noi, che prima di essere celiaci eravamo glutinosi quello è un momento di puro piacere un salto nel passato, è come sentirsi, anche se solo per un attimo, normale. Equivale a trovare il sapore perduto come accadde al Monsieur Arthens, grande critico gastronomico, nel libro ” Estasi culinaria”. Una vita trascorsa a mangiare cibo raffinato e in punto di morte scervellarsi per assaggiare un’ultima volta un prodotto da supermercato che però lui amava. Il mondo non è tutto nero o tutto bianco, al suo interno vi sono svariate sfumature e se è vero che nessuno muore per non aver mangiato un cioccolatino è altrettanto vero che anche noi siamo essere umani e meritiamo, come i “glutinosi”, la possibilità di godere di certi piccoli piaceri. La stessa cosa vale per chi vive su una sedia a rotelle, egli ha il sacrosanto diritto di potersi spostare liberamente e senza intoppi anche se questo ad un comune, quindi allo stato, può costare tanto in opere di messa a norma della città. Chi non vede, almeno per me, deve avere le nostre stesse possibilità di percepire la bellezza di un posto, proprio come gli altri. Infatti ci sono realtà, come “Città tra le mani”, che creano monumenti in miniatura per permette ai non vedenti di vivere un posto toccando che so: la torre di Pisa, il Colosseo, la Basilica di San Pietro, un faraglione… Secondo voi è superficiale? Per me no! Per me è essenziale perchè anche se possono vivere senza vedere un monumento, hanno comunque il diritto di goderselo anche loro, di capirle e di immaginarlo tra le loro mani. E se i soldi, per realizzare ciò, li passo lo stato, io sono felice di pagare le tasse. Questo non è uno spreco a discapito dei malati di SLA, bensì uguaglianza, parità di diritti tra essere umani che purtroppo non hanno le stesse possibilità.celiachia-famiglia-300x225

Noi non chiediamo soldi in più per i biscotti o i cioccolatini. Noi ci arrangiamo con il tetto massimo concesso, per noi quel cioccolatino è un eccezione, uno strappo alla regola che molto spesso non acquistiamo nemmeno con le fustelle ma paghiamo di tasca nostra.

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Noi non vogliamo i buoni ma equità, normalità. Per noi è molto meglio eliminare i buoni e portare i prezzi a livelli normali in modo che il costo sia sostenibile per tutti, piuttosto che spende un occhio nella testa. Il cibo è un bene primario, tutto, senza distinzioni, l’unica distinzione è la seguente: esisto alimenti essenziali e alimenti non per forza indispensabili, ma anche quelli non per forze indispensabili sono un nostro diritto. I bambini hanno il diritto di sentirsi uguali ai loro amichetti quando sono a scuola, ad una festa o altro, e noi adulti abbiamo il diritto di toglierci uno sfizio. No, mi dispiace ma non posso far finta di nulla ho visto un reportage che mi ha ferito e ha ferito anche altri come me. Un conto è non concordare con la politica dei prezzi, un altro è colpire noi, la nostra dignità, la nostra malattia fino a farci sentire, ancora una volta, inappropriati e quasi egoisti.

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La celiachia è un morbo, non esistono cure, non esistono farmaci. L’unica nostra possibilità di vita è data da una dieta senza glutine. Se non la facciamo, nel lungo periodo, rischiamo di ammalarci seriamente, rischiamo la sterilità, aborti, cancro all’apparato digerente… Nel breve periodo dissenteria, vomito, anemia, crampi, sofferenza…

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Scusate però trovo orribile parlare di una malattia declassandola a serie B. Anche se nel finale Milena Gabanelli afferma «E’ bene sapere che la celiachia intanto è una malattia veramente importante chi ne soffre ha la vita completamente cambiata, però non è che risolvi o aiuti dicendo “Ti do un budget di spesa compraci quel che vuoi”.>> , vendendo il tutto non mi sembrava che il focus fosse puntato solo sui prezzi ingiustificati, fosse stato cosi gli averi stretto la mano perchè anch’io la penso nello stesso modo.  Il problema è che guardando il montaggio, tra le righe trapelava altro e quell’altro sinceramente non mi è piaciuto perchè era un po’ come dare la carota e il bastone ai celiaci.  Quindi “si vabbè”.

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Immagini dal web


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