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Schiscetta con Gallette di patate

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Cresce vuol dire cambiare e al contempo perdersi un po’ tra i ricordi, proprio lì, dove i meandri della memoria celano i dettagli che pensavi di aver perso. Capita anche a voi? Io, per esempio, l’altra sera stavo preparando la mia #schiscetta : ho aperto il coperchio della mia nuova lunch box, riposto una fetta della golosa “giorno e notte” nel primo scomparto rimovibile, aggiunto l’uva nel secondo, condito l’insalata di pomodorini e sedano ponendola nel ripiano bento con separatore, inserito le gallette di patate, chiuso ermeticamente e riposto tutto in frigo per il giorno dopo.
Poi, lavando i piatti, mi sono ricordata di una me bambina che trafficava con la gamella del papà e quasi mi è parsa di vederla: strana, asettica, in ferro, con una forma allungata e due scomparti, adoravo aprirla e chiuderla perchè era stramba, dovevi far leva per bloccarla. In seguito, è stato un attimo, ho visto mia madre giovane mentre preparava da mangiare, riponeva il tutto in quella sorta di scatola e il giorno dopo diceva “Chéri, n’oublie pas ta gamelle!”. Si, la gamella usata dai soldati, per operai e non solo, era una salvezza, un po’ di casa sul posto di lavoro, un attimo di convivialità quando la si riscaldava assieme e poi si raccontava al collega quanto fosse buono lo spezzatino della propria moglie.

I ricordi sono caramelle, uno tira l’altro in una sequenza logica fenomenale. Un salto temporale di 20 anni e forse più, un pomeriggio uggioso, il divano, la tv e un pensiero collegato; una cosa che mi aveva colpita: la “Schiscetta“. In tv, dopo aver raccontato la storia di una portinai milanese che arrotondava preparando pranzetti da asporto, spiegarono il perchè  del termine “schiscetta”  e raccontarono, tra le altre cose, che per chiudere il portavivande si doveva schiacciare il contenuto. In poche parole la “schiscetta” deriva dal verbo schiacciare ed è chiamata cosi proprio perchè , per riempirla al massimo, bisognava comprimere il cibo.

Cosi, il giorno dopo, ho ripreso il mio porta pranzo, super bello e colorato, ponendolo nel sul stupendo sacchetto e ho pensato alla sua storia, al suo nome e alla sua trasformazione. In breve quel pezzo di latta senza personalità, oggi, si è trasformato quasi in un accessorio, in un oggetto meraviglioso che racchiude tutta la bontà di casa nostra, il miglior ristorante che ci sia.

Schiscetta con Gallette di patate.

Gallette di patate
Porzioni4 people
Tempo di preparazione25 minutes
Tempo di cottura15 minutes
Ingredienti
Istruzioni
  1. Pelare, levare, asciugare le patate e grattugiare con una grattugia a fori larghi. In una ciotola versare: le patate, un uovo sbattuto , sale e pepe quanto basta, il trito di menta ed amalgamare. Aggiungere, a poco a poco, la farina diminuendo o aumentando la dose in base alla necessità. Una volta ottenuto un impasto abbastanza appiccicoso, con l'aiuto di 2 cucchiai, versare nell'olio caldo. Durante la cottura separare le gallette le une dalle altre.
  2. Le gallette di patate si possono mangiare calde , tiepide i fredde in base ai propri gusti. Sono ottime come contorno o condimento per un panino.

 

Ricordare mi ha fatto meditare sul domani , su come potrebbe mai essere il porta pranzo del futuro e su come i bambini di oggi ricorderebbero quest’oggetto. Beh! Credo che, almeno per ora, non potrò sapere se mai avrà altre vesti. Quello che invece posso immaginare è mia nipote, tra qualche anno, intenta a spiegare la mia gamella (quella del suo passato, diversa da quella del nonno e del mio passato ) e descriverla cosi:

La lunch box di mia zia era bellissima, bianca e rosa, con il suo nome e un immagine di Parigi, perchè lei è nostalgica e romantica. Se non erro era firmata “Petit Fernand” , lo ricordo perchè la mamma, dallo stesso sito, acquistava le etichette per i vestiti. Ogni tanto la usavo anch’io quando, durante le vacanze, andavo al mare e, vista la sua comodità e praticità, la portavo con me. Una volta la zia mi spiegò che le gamelle del passato erano tristi. La sua, invece, si poteva personalizzare con il proprio nome, scegliere il colore del modello (tra 6 varianti) e della scritta, persino il disegno poteva essere diverso (vi sono 28 illustrazioni differenti da far imprimere sul coperchio). Disse che renderla unica era facile, bastava un click e in pochi secondi si otteneva una snack box stupenda. Il portavivande era senza BPA e senza ftalati (lei diceva che questo era importante), la tavoletta refrigerante era amovibile, si poteva riporre in frigo e sollevando il tappetto era possibile riscaldare il proprio pranzo nel micro-onde e poi, era 100% riciclabile. Sinceramente la trovavo perfetta per i bambini e giusta anche per i grandi che, come me, necessitavano di mangiare fuori casa. La sua capacità era di 1000 ml, il peso di 568 g (con tavoletta), 361 (senza). Le sue dimensioni la rendevano pratica e capiente 210 mm (L) x 85 mm (A) x 145 mm (P), ad esclusione del coperchio, era possibile porla nella lavastoviglie per igienizzarla. Inoltre, vi era la possibilità di acquistare anche il pratico sacchettino per riporla in borsa. Zia, che è una precisa, aggiunse che Petir Fernand aveva sede in Francia, a Parigi, ove: Franck, Isabelle, Lola, Emma, Arthur, Javiera e Fédéric, componevano il team di quel marchio divenuto ormai super famoso.Tra le altre cose producevano anche: borracce personalizzate, poster, etichette per  marmellate e conserve (appena le provo vi dirò), etichette adesive e per la scuola, etichette per vestiti e scarpe. Ordinare e personalizzare ogni oggetto era agevole, la consegna era stata super veloce (praticamente 24 ore dopo l’ordine). Comunque, la cosa che zia adorò follemente fu la cura riposta nel confezionare il tutto. Scartando, infatti, le era parso di aprire un pacco preparato dalla mamma con tanto amore, la carta velina proteggeva gli oggetti, ogni angola della lunch box era ben tutelato da eventuali colpi e tutto era riposto in bustine trasparenti. Ecco, zia diceva che le piace tanto portarla con se e avere sempre qualcosa di buono e senza glutine da degustare fuori casa.

Il post non è frutto di una collaborazione. Gli oggetti citati ci sono stati offerti e dopo averli testati, assieme al servizio, abbiamo deciso di parlarvene perchè siamo rimasti particolarmente e positivamente colpiti.


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